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© Studio di Psicoterapia e Psicologia Giuridica - Dott.ssa Daniela Girino - Psicoterapeuta Psicoanalista

Via C. Moro 17, 35141 Padova - Tel. 049 659657 - Cell. 338 9944887 - P.IVA 03223130281

Iscrizione Albo Psicologi Regione Veneto n°. 2518 del 02/05/1996

Narciso

Studio di Psicoterapia e Psicologia Giuridica Dott.ssa Daniela Girino
NARCISO ... LA PAURA DEL FALLIMENTO Il mito di Narciso che troviamo nelle Metamorfosi di Ovidio si presta ad un’analisi di tipo psicologico il cui tema è "l’amore per sé". L’immagine che ritrae il famoso Narciso di Caravaggio narra del Mito di Narciso, giovane di Tespi di eccezionale bellezza, figlio della ninfa Liriope e del Dio del fiume Cefiso. Quando nacque, il veggente Tiresia gli profetizzò che sarebbe vissuto fino a tarda età se solo non si fosse visto. Quando Narciso ebbe raggiunto i sedici anni si era lasciato alle spalle una schiera di amanti respinti di ambo i sessi. Tra gli spasimanti vi era pure la ninfa Eco che fu punita da Era, perché la distraeva raccontandole lunghe favole mentre le concubine di Zeus sfuggivano ai suoi occhi, privandola della parola e lasciandole solo la possibilità di ripetere le ultime sillabe delle parole udite. Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata dall’amore, si nascose nei boschi fino a scomparire e a restare solo un’eco lontana. Non solo Eco, ma tutte le giovani e i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti fino a morirne. Il mito narra che il suo corpo scomparve e lasciò un fiore che oggi chiamiamo appunto narciso. La chiave di lettura del mito è il "rischio del fallimento". Un fallimento genera nell’individuo un sentimento di dolore, che istintivamente egli debella rifiutando di correre questo rischio: c’è il rifiuto della sofferenza, che esclude a priori la possibilità di avere un successo, per non rischiare il fallimento. Narciso rifiuta il dolore di questo fallimento per non tradire se stesso.             Il tradimento per Narciso è la separazione dalla propria immagini: la psicologia ha visto in ciò  il rifiuto di un confronto con altri volti, e quindi con gli altri, che hanno la capacità di mettere in discussione l’Io che si mette in relazione, distogliendolo dall’amore per sé e focalizzando la sua affettività verso l’altro. L’amore è per Narciso sinonimo di debolezza e vulnerabilità, perché porta a scoprirsi e ad essere soggetto di quelle disillusioni che popolano ciò che avvolge la soggettività, ma che non si trovano in essa.             L’unico modo per essere un Io, per costituirsi come soggetto è essere in relazione con l’altro. L’esporsi, aprendosi all’altro, il darsi in balia di questi, può essere motivo di dolore e Narciso rifiuta questa possibilità, anche rischiando di non formarsi come soggetto. L’immagine riflessa nella fonte viene a simboleggiare il rapporto interpersonale al quale Narciso si sottrae nel momento in cui non riconosce l’altro, e quindi, poiché l’altro è la sua immagine riflessa, il rifiuto di Narciso diventa anche attestazione di un disamore di sé. Narciso è incapace di tradire la propria immagine nella stessa misura in cui è incapace di separarsene: non sa sostenere l’esperienza della separazione. La morte che trasforma il suo essere corporeo in fiore indica il passaggio dall’Io al Sé, in cui Narciso rappresenta la naturale attrazione dell’uomo verso il suo mondo interiore e, in ultima analisi, verso la natura. Il rispecchiarsi nell’acqua è infatti da sempre indicato come la ricerca dell’inconscio, in cui si cela la nostra totalità interiore che preme per emergere. Eco è il simbolo dell’individuo privo di soggettività. Chiunque si trovi ad intraprendere un cammino di conoscenza, novello Narciso, attraversa una fase di ripiegamento interiore che il mondo spesso interpreta (non a caso coincide con l’accezione più diffusa del mito) come egoico amore per sé infantile e infruttuoso, si trova a vivere un’esperienza di auto-anestetizzazione verso gli stimoli del mondo esteriore (Narciso viene da Narkè, da cui narcosi) . Ma tutto questo, se la tensione è retta fino in fondo, se si resiste cioè alla tentazione dell’immediatezza, porta alla suprema conoscenza, al Sè di cui il fiore è da sempre simbolo.

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02/05/1996

…la paura del fallimento

NARCISO

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Il mito di Narciso che troviamo nelle Metamorfosi di Ovidio si presta ad un’analisi di tipo psicologico il cui tema è "l’amore per sé". L’immagine che ritrae il famoso Narciso di Caravaggio narra del Mito di Narciso, giovane di Tespi di eccezionale bellezza, figlio della ninfa Liriope e del Dio del fiume Cefiso. Quando nacque, il veggente Tiresia gli profetizzò che sarebbe vissuto fino a tarda età se solo non si fosse visto. Quando Narciso ebbe raggiunto i sedici anni si era lasciato alle spalle una schiera di amanti respinti di ambo i sessi. Tra gli spasimanti vi era pure la ninfa Eco che fu punita da Era, perché la distraeva raccontandole lunghe favole mentre le concubine di Zeus sfuggivano ai suoi occhi, privandola della parola e lasciandole solo la possibilità di ripetere le ultime sillabe delle parole udite. Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata dall’amore, si nascose nei boschi fino a scomparire e a restare solo un’eco lontana. Non solo Eco, ma tutte le giovani e i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti fino a morirne. Il mito narra che il suo corpo scomparve e lasciò un fiore che oggi chiamiamo appunto narciso. La chiave di lettura del mito è il "rischio del fallimento". Un fallimento genera nell’individuo un sentimento di dolore, che istintivamente egli debella rifiutando di correre questo rischio: c’è il rifiuto della sofferenza, che esclude a priori la possibilità di avere un successo, per non rischiare il fallimento. Narciso rifiuta il dolore di questo fallimento per non tradire se stesso.             Il tradimento per Narciso è la separazione dalla propria immagini: la psicologia ha visto in ciò  il rifiuto di un confronto con altri volti, e quindi con gli altri, che hanno la capacità di mettere in discussione l’Io che si mette in relazione, distogliendolo dall’amore per sé e focalizzando la sua affettività verso l’altro. L’amore è per Narciso sinonimo di debolezza e vulnerabilità, perché porta a scoprirsi e ad essere soggetto di quelle disillusioni che popolano ciò che avvolge la soggettività, ma che non si trovano in essa.             L’unico modo per essere un Io, per costituirsi come soggetto è essere in relazione con l’altro. L’esporsi, aprendosi all’altro, il darsi in balia di questi, può essere motivo di dolore e Narciso rifiuta questa possibilità, anche rischiando di non formarsi come soggetto. L’immagine riflessa nella fonte viene a simboleggiare il rapporto interpersonale al quale Narciso si sottrae nel momento in cui non riconosce l’altro, e quindi, poiché l’altro è la sua immagine riflessa, il rifiuto di Narciso diventa anche attestazione di un disamore di sé. Narciso è incapace di tradire la propria immagine nella stessa misura in cui è incapace di separarsene: non sa sostenere l’esperienza della separazione. La morte che trasforma il suo essere corporeo in fiore indica il passaggio dall’Io al Sé, in cui Narciso rappresenta la naturale attrazione dell’uomo verso il suo mondo interiore e, in ultima analisi, verso la natura. Il rispecchiarsi nell’acqua è infatti da sempre indicato come la ricerca dell’inconscio, in cui si cela la nostra totalità interiore che preme per emergere. Eco è il simbolo dell’individuo privo di soggettività. Chiunque si trovi ad intraprendere un cammino di conoscenza, novello Narciso, attraversa una fase di ripiegamento interiore che il mondo spesso interpreta (non a caso coincide con l’accezione più diffusa del mito) come egoico amore per sé infantile e infruttuoso, si trova a vivere un’esperienza di auto-anestetizzazione verso gli stimoli del mondo esteriore (Narciso viene da Narkè, da cui narcosi) . Ma tutto questo, se la tensione è retta fino in fondo, se si resiste cioè alla tentazione dell’immediatezza, porta alla suprema conoscenza, al Sè di cui il fiore è da sempre simbolo.